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A volte in caso di morte del partner (ma anche in altri casi) ricominciare a essere protagonisti della propria vita e volgere i propri interessi anche al di là dei ricordi può sembrare inverosimile, ma fa parte del rispetto dovuto a se stessi, alla Vita e anche a chi ha fatto coppia con noi.
La peggior reazione dopo la fine del rapporto di coppia è chiudersi in se stessi, colpevolizzarsi (anche quando l’altro/a muore, c’è chi non sa darsi pace per non aver fatto questo o quello; non ha senso. Se in buona fede s’è fatto tutto quanto era nelle nostre possibilità secondo la consapevolezza raggiunta, vuol dire che questo è conforme alle richieste di quell’Autorità che ha preso la decisione senza interpellarci. Occorre avere l’Umiltà d’accettare i propri limiti e quelli della scienza umana, aver Fiducia nella Vita che va al di là della nostra capacità di comprensione e non finisce con la morte!), cadere in una crisi di autosvalutazione, credere di non poter amare o di non poter essere amati più da nessun altro.
Indipendentemente dal provare il desiderio di trovare un/a nuovo/a compagno/a o no, riflettere sul come affrontiamo una separazione può aiutarci a conoscere meglio la nostra personalità. Anche nei casi in cui la perdita del partner annienta, nel vuoto della sua assenza e fondandosi sulla fiducia in sé e sull’importanza dei legami affettivi può venire in essere una rinascita personale: è un dono che l’Amore fa a coloro in cui abita . . . non per mettermi a fare catechismo (sarebbe irriguardoso verso chi non ne ha piacere), bensì per vedere il tutto sotto un’altra prospettiva, faccio presente che così come si può innalzare illimitatamente l’amore verso Dio, dirigerlo orizzontalmente verso il nostro prossimo, nulla vieta che lo si indirizzi "diagonalmente" verso chi continua a essere da noi amato anche se, dismesso questo abito di carne, è stato portato a proseguire i suoi "studi" altrove: nulla è impossibile all’Amore, salvo il lasciarsi imprigionare in questa realtà ove il divenire rende sovrana l’incertezza e limita la libertà.
Come ho evidenziato, le separazioni fanno sempre male; sono lutti che volenti o nolenti ci troviamo a elaborare, traumi dolorosi soprattutto per chi viene lasciato/abbandonato. Essere vulnerabili è normale dopo una separazione, ma occorre aver sempre ben chiaro che in prima persona il lavoro lo possiamo fare solo su noi stessi; quindi, se altri pretendono di obbligarci (un’affettuosa spinta, un consiglio amichevole, un sorriso d’incoraggiamento, ecc. sono benvenuti, perché rispettano il nostro dolore e i nostri tempi; ma va oltre solo chi sta bene e ignorantemente non comprende dolore e angoscia che seguono l’abbandono/separazione, così da far sentire più triste e solo chi già soffre) a scherzare, ridere, mostrarsi disponibili, occorre saperli fermare con un chiaro "No!": gli amici e i partner si possono scegliere!
Dal momento che l’unica certezza di quest’illusoria realtà in cui viviamo è il divenire, è ragionevole accettare che nella vita nulla è certo, come pure che per far ordine occorre aver prima fatto o trovato disordine. Nessuno si sottrae al divenire migliore o peggiore; quindi è un grave errore mettere da parte la propria vita per rendere la coppia più gradita al partner in una realtà come questa ove nulla è certo, tanto meno eterno.
La società in cui viviamo non è portata a elogiare i miglioramenti. Escluse le persone che davvero ci amano, nessuno ci dice "Bravo!" se facciamo bene qualcosa, ma di certo se commettiamo anche un piccolo errore ci vien subito fatto notare e occorre porvi rimedio, quindi . . . è bene per mantenere salda la stima in noi stessi imparare a gratificarci da soli; magari annotando i nostri progressi in un diario e non temere di dirci "Bravo/a!" ogniqualvolta col nostro pensare, dire e fare otteniamo un buon risultato; mai aspettare che ce lo dicano gli altri . . . facilmente non ce lo diranno mai. Questo è importante soprattutto per chi viene abbandonato/a e sente minata la sicurezza personale, tanto che in un primo tempo la propria identità viene messa e soqquadro: è facile giungere ad addossarsi la colpa, voler cambiare secondo quella che pensiamo essere la volontà dell’altro/a, senza tuttavia riuscire a prendere in considerazione che sempre ci sono colpe da entrambe le parti quindi anche pensieri, parole e azioni dell’altro/a sono da mettere in discussione, quasi che si viene abbandonati perché ce lo siamo meritati; così si cade "dalla padella nella brace" entrando nella fase separazione → frustrazione: l’unione è andata in frantumi, con essa molte delle proprie certezze e ci si trova indifesi a subire la dilaniante situazione di abbandono; nessuno pare in grado di aiutarci a far fronte alla "tragedia" che ci ha "investito" e il peso del dolore grava tutto sulle nostre spalle "fratturate" schiacciandoci . . . anche questa è una truffa perpetrata ai nostri danni da questa realtà illusoria che con ogni mezzo cerca di impedirci d’avere esperienza della Realtà vera e così vedere le cose come stanno. Le regole di questa nostra società, figlia della realtà in cui esiste, fanno si che l’educazione che riceviamo si basi sul giudizio e sulla critica soprattutto degli altri, impedendo quindi una piena consapevolezza dei fatti; e in modi diversi l’ho già spiegato negli altri articoli.
Per finire voglio quindi evidenziare che, essendo la Terapia Energetica un mezzo che guarisce attraverso la crescita interiore del/la paziente, può validamente aiutare, sorreggere e condurre chi ne usufruisce fuori dalla "malsana palude" in cui è venuto/a a trovarsi; quindi anche a riconoscere l’evidenza dei fatti, trovare il coraggio di dialogare col proprio dolore (che, come ho evidenziato, è un maestro che si prende cura della nostra istruzione, ma sa essere inflessibile e bocciarci se manca costante impegno e buona volontà.) analizzando con la necessaria calma le dinamiche spesso malate e consolidate che hanno portato alla rottura.
L’azione profondissima dell’intervento energetico aiuta dolcemente a dissolvere quel chiudere in modo sbrigativo la faccenda dicendo "è colpa di . . ." e affrontare senza paure e/o remore domande essenziali quali "Dove ho sbagliato? – In cosa ho contribuito?" ecc.: anche il comprendere perché lui/lei ci ha tradito o se ne è andato/a è un’occasione di crescita personale che porta a riacquistare e accrescere la propria sicurezza, oltre che migliorarci in ogni senso.
Da ultimo, essendone testimone, ricordo che possibile evoluzione dell’amore dopo la separazione può essere quella di s-
Cordiali saluti.
Robino Mariano
© Robino Mariano