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Esposto il fatto che il termine CRISI porta con sé il concetto di SCELTA e come la transizione che viene posta in essere dalla crisi offra anche la possibilità di crescere interiormente e maturare come persona; considerata l'importanza rivestita dall'identità dell'individuo e la sua messa in gioco nei momenti di crisi, quindi l'importanza di una analisi esistenziale per affrontare in modo completo la crisi, passo ora a considerare alcuni suoi sgraditi componenti.
Il dolore, sgradito e sempre presente in una crisi, è tuttavia capace d'aprirci "portoni" che altrimenti rimarrebbero chiusi, permettendoci così d'allargare i nostri orizzonti e acquisire conoscenze cui mai diversamente saremmo giunti, migliorando così il percorso di continua crescita interiore: spiacevole per noi, ma è il dolore e non il piacere a spronarci sino a obbligarci a trovare vie e mezzi nuovi e di maggior valore per affrontare la vita.
La sofferenza che viene da una determinata situazione non ha però lo stesso effetto su tutti, ma si adatta alla particolarità dell'individuo che la patisce, cioè entra in relazione col soggetto; il fatto che la sofferenza abbia una dimensione percepita soggettivamente deriva dalla particolarità/unicità della personalità dell'essere umano che la patisce legata alla situazione esistenziale e storica in atto. Basta guardarsi intorno con attenzione per rendersi conto di come la struttura della personalità, col suo bagaglio di idee, ricordi, sentimenti, speranze, ecc., unito al particolare temperamento del singolo, può presentare un ventaglio di possibilità che vanno da chi possiede caratteristiche tali da potersi permettere di sopportare elevati gradi di sofferenza sempre rimanendo padrone di sé, sino a chi non riesce a tollerare in sicurezza anche solo bassi livelli di sofferenza; e dal momento che ugual tipo di vita non produce ugual personalità, tanto che persone nate ed educate nella stessa famiglia possono presentare personalità assai diverse, è evidente che il temperamento, cioè l'insieme delle tendenze innate dell'individuo, ha grande importanza e dev'essere tenuto in seria considerazione dal terapeuta energetico quando s'appresta a parlare.
In tanti momenti della vita, la capacità di tener duro e riuscire a sopportare la sofferenza ha deciso le sorti di una persona; in alcune situazioni addirittura della sua vita e della sua morte. In molti casi ciò che spaventa e deprime fino a portare alla rinuncia a fare quanto s'era deciso di fare, o solo fino a rendere la persona apatica e refrattaria alla vita di prima, altro non è che l'incapacità di reggere l'incertezza del futuro e la fatica di continuare a portare avanti l'impresa cui ci si era accinti . . . alla fine in chi cede troviamo sempre la vittoria della "paura di non farcela".
Ne "I promessi sposi" troviamo un personaggio veramente pavido, don Abbondio, così descritto dal Manzoni: "non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, pria quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società, come un vaso di terracotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro."; è quindi una persona fragile, che, a differenza dell'eroico fra' Cristoforo, può essere facilmente sopraffatta dai prepotenti che la circondano; ha quindi tutte le ragioni per temere don Rodrigo, e per difendersi dai rimproveri del Cardinale Borromeo, altra figura forte e indomita, esordisce dicendo: "avrò torto io . . . Il coraggio, uno non se lo può dare.". Anche una persona di questo tipo a mezzo della Terapia Energetica può ricevere una salutare scrollata dall'Energia e dopo trovarsi meglio.
A volte a metter in crisi il pauroso è il timore del cambiamento che l'eventuale suo gesto audace produrrebbe e non tanto l'ardire che il gesto richiede. Purtroppo capita d'essere così tenacemente ancorati all'"abitudine consolidata", che il cambiamento appare come un'avventura folle; ecco che tante volte si può ad esempio esser convinti d'aver paura di una persona, mentre in effetti la reale paura è del nuovo che quella persona può portare nella nostra vita; lo stesso vale in circostanze che ci mettono in condizione di non poter più avanzare "comodi e sicuri" sul solito conosciuto percorso; ma la tranquillità è un valore quando nel divenire degli eventi rientra nella serenità, che sola può portare alla felicità, non quando non è più tale divenendo, come in questo caso, "pietra d'inciampo" per raggiungere la serenità vera.
L'abitudine in effetti porta a "rintanarsi" nel conosciuto e sperimentato, limitando, sino a privarne, della possibilità di sfruttare le occasioni che la vita offre . . . a volte finisce per divenire "attesa della vecchiaia" . . . ma dalla vecchiaia si passa solo più alla morte, ergo un'abitudine di questo tipo toglie parte della vita e ben si può accompagnare alla paura che a sua volta impedisce di vivere in libertà.
L'autostima è la chiave del successo (divenir capace di godere di quanto la vita gratuitamente offre è un successo sempre, anche quando mai porterà alla notorietà e/o alla ricchezza, che essendo solo mezzi son falsi valori) e mezzo indispensabile per raggiungere la felicità; è sana forza interiore che permette di affrontare al meglio i cambiamenti sfruttandone ogni opportunità e così trarne il massimo vantaggio, . . . ma potrà mai esser veramente salda e sana in chi non sa scrollarsi di dosso abitudini e paure?
Chiaramente lo psicoterapeuta prenderà in considerazione la dimensione soggettiva entro cui il dolore è percepito, che è costituita dallo sviluppo e dalla dinamica della personalità del/la paziente e da fattori culturali e ideali; analizzerà i fattori personali e culturali che non permettono al soggetto di vivere quel dolore autenticamente per quello che è. Se si riesce a togliere a quella situazione gli elementi di deficienza (= mancanza-
Il terapeuta energetico permetterà al/la paziente di colmare la deficienza personale, di riconoscere la deformazione operata dalla cultura che ha assorbito e di trovare i mezzi di ricerca necessari al fine di evolvere -
Cordiali saluti.
Robino Mariano
© Robino Mariano