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Ho accennato al fatto che tutte le emozioni sregolate agitano il Cuore, che l'agitazione del Cuore turba la quiete interiore, rende più difficile entrare in contatto con il proprio sé originario ed anche con la propria natura essenziale; che è la vita vissuta in queste condizioni ad usurare l’individuo ed essere d’ostacolo per la maturazione sul piano spirituale; cosicché risulta la serenità del Cuore ad essere effettivamente necessaria, perché può migliorare l’individuo, permettendogli di percepire sia quanto accade in lui che fuori di lui, fatto indispensabile per poter crescere in consapevolezza. È questa consapevolezza profonda che può portare alla gioia vera; cosa molto diversa dall'euforia.
L'euforia è uno stato di allegrezza caratterizzato da un eccesso di buonumore (in tutte le cose va sempre ricercata una giusta misura, al fine di evitare possibili sgradite sorprese e reazioni), che si esprime per lo più come una condizione di eccitazione, magari anche solo lieve e sotterranea, tuttavia continua; provoca quindi una eccessiva stimolazione del Cuore (problema energetico) che porta l’individuo ad uno stato di agitazione interna, dal quale possono poi originare irrequietezza, fatica a concentrarsi, difficoltà a dormire bene, ecc.: v’è quindi sempre maggior difficoltà a poter avere consapevolezza di quanto accade, cosicché diventa impossibile percepire la realtà per quello che davvero è.
La gioia, invece, è un calmo e potente movimento di Energia che nasce all'interno dell’Anima grazie alla positiva e serena risposta agli accadimenti ed alle sollecitazioni del mondo esterno. Da questa si può, tramite una crescita consapevole, arrivare a sperimentare la Gioia Piena che abita all'interno di ognuno e non ha una causa esterna, ma deriva dal sentirsi bene nel Creato ed in pace con se stessi; solo così diventa possibile apprezzare davvero anche quanto e quanti ci circondano, riscoprire la freschezza, la spontaneità, la giocosità, la curiosità del bambino, nonché la capacità di vivere in modo totale nel presente senza preconcetti e pregiudizi: non sono ammesse fretta, ansia e reazioni rabbiose nel percorrere la strada che porta a questo livello; ed a tal proposito vi è un’antica frase di Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) che rende magnificamente l’idea: "Per aspera sic itur ad astra" = attraverso le asperità alle stelle, a significare anche che non è un problema solo moderno, ma già anticamente si sapeva che la via che porta alle cose più elevate è irta di ostacoli, cosicché, sempre nutrendo speranza, coraggio e volontà, se nell’affrontare le prove non si mettono anche costanti impegno, pazienza, calma e sopportazione, si finisce o per rifiutare di proseguire per non dover mangiare il "sale" della sofferenza, o per perdersi di coraggio prima d’esservi giunti; in ogni caso tirandosi indietro la situazione non migliora, però può peggiorare anche di molto.
Checché dir se ne voglia, la Terapia Energetica è un sano mezzo a disposizione di chiunque (con Umiltà di "cuore") voglia (sempre nei limiti di quanto possibile ad ogni singolo individuo) dirigersi verso quel traguardo: ad ogni passo si possono cogliere buoni frutti, così da sentirsi sempre meglio; ma, come già spiegato in precedenti articoli, non si deve mai dimenticare che il terapeuta energetico non è un mago e neppure ha il potere di cambiare il corso degli eventi, anche se l’Energia con cui opera non conosce limiti (come già detto, quest’Energia rispetta il libero arbitrio di ognuno e non impone neppure una "guarigione"); quindi può aiutare, fare da guida, ma è il paziente che deve sempre fare la sua parte se vuole raggiungere un miglioramento definitivo: se troppi sono i problemi per potersi assumere questo personale impegno, allora è meglio non cominciare neppure! . . . Non si è ancora pronti ad attraversare il "guado" ed affrontare quanto sta dall’altra parte.
Non è che con questo voglio cautelarmi, scaricando tutta la colpa dell’eventuale "insuccesso" (solo secondo il punto di vista polare) sul paziente; quello che desidero far capire è che:
1. un effetto che non dura nel tempo è un risultato misero;
2. un effetto che ha richiesto tempo oltre che un esborso di denaro per essere ottenuto, è chiaro che porta la persona (purtroppo anche se non ha fatto la sua parte) alla speranza di non aver buttato tempo e soldi;
3. accorgersi d’aver sprecato tempo e denaro perché l’effetto gradatamente svanisce, da una parte porta a svalutare il trattamento cui ci si è sottoposti, dall’altra porta ad intristirsi, perdersi d’animo, rafforzando l’idea, specie se è in coda a molti altri tentativi falliti, d’essere in una situazione da cui non se ne verrà più fuori, aggiungendo quindi danno a danno.
Ora è chiaro che:
far tante parole per qualcosa che non può ottenere risultati duraturi mi sembra alquanto controproducente, perché allora si potrebbe pensare che anche quanto detto riguardo ad altre tecniche ha lo stesso misero valore;
così come il permettere a chi non comprende la necessità di fare la sua parte per guarire e vorrebbe che fosse il terapeuta a fare tutto da solo di poter poi parlar male di questa Terapia non è accettabile:
1. sarebbe un danno per chiunque, pur avendone bisogno, venuto però a conoscenza della versione di coloro che (sperando nel miracolo) non si sono impegnati in prima persona e non hanno conseguentemente potuto risolvere il problema, non ritenendola quindi degna di fiducia non la prenderebbe neppur più in considerazione;
2. sarebbe un danno anche per coloro che come me lavorano utilizzando questa terapia per curare, giacché il loro lavoro verrebbe falsamente screditato; quasi fossero dei "venditori di fumo" che vogliono approfittarsi del dolore e della creduloneria altrui per riempirsi le tasche.
Ecco perché ci tengo ad evidenziare come l’impegno del paziente a fare quanto richiesto, sempre nel limite delle sue possibilità, ha una grandissima importanza: solo il paziente può difendersi da se stesso e guarire curando definitivamente se stesso. Come già altre volte ho evidenziato il nocciolo è: "conosci te stesso". Per rendere la cosa più chiara, la si può paragonare al caso di chi per star bene deve seguire una determinata dieta: il medico può consigliarla, prescrivere farmaci, ecc.; ma se il paziente non la segue è tutto inutile, continuerà a non star bene e sarà colpa sua, non del medico.
Un discorso a parte meritano tecniche come ad esempio il Reiki, di cui possono tranquillamente fruire quei pazienti che non vogliono assumersi tale impegno; in questi casi, infatti, ci si limita a far fluire Energia e ad interventi esterni: ottengono sempre risultati positivi, che tuttavia non potranno che essere piccoli se chi vi si è sottoposto, non fa seguire a questi interventi un minimo d’impegno personale per migliorarsi sfruttando quella carica che sente in sé dopo il ciclo di trattamenti, anche eliminando abitudini dannose e mutando quelle poco salutari, oltre che cercando consapevolmente d’agire conformemente a ciò che davvero è meglio per lei/lui: l’acqua sempre va verso il basso; per farla risalire occorre lavoro.
Cordiali saluti.
Robino Mariano
© Robino Mariano