Menu principale:
Come evidenziato, l’essere consapevoli che anche nei momenti che ci appaiono bui di fatto il sole continua a splendere in attesa che di nuovo riusciamo a vederlo, ci permette di scongelare le nostre risorse e forze positive così da voler riprovare a metterci in piedi, riuscirci e aver così sempre meno timore delle eventuali nuove cadute; un po’ come i bambini piccoli, che nonostante le molte cadute sono sempre pronti a rialzarsi e imparano a camminare: occorre comprendere e accettare che il "cadere" fa parte del modo d’apprendere in questa vita. Naturalmente più si invecchia meno si è propensi a questo cadere e rialzarsi in ritmica successione; si desidera tranquillità, sicurezza e sono poco graditi i cambiamenti.
Una separazione può comunque avvenire anche quando i figli sono cresciuti e sono andati a vivere per conto loro; ma di fronte a una relazione che dura da molti anni, quando s’arriva al momento di prendere la decisione di abbandonare il partner le paure e le insicurezze aumentano, il futuro può apparire come un grande e rischioso punto interrogativo: la vita condotta fino a quel momento e il rapporto con il partner, per quanto problematico, sono un terreno conosciuto ove si è imparato a sopravvivere e difendersi anche a prezzo d’una grande sofferenza emotiva; mentre non si sa nulla di ciò che ci aspetta dopo il troncamento della relazione, tanto che non è insolito temere il peggio.
Per molti la cosa peggiore è il timore di non trovare nessuno ed essere costretti a invecchiare nella solitudine; altri sono fortemente intimoriti di fronte alla prospettiva di cominciare da capo con una nuova relazione, magari nuovamente sbagliare e soffrire, si ha la precisa sensazione d’aver perduto la fiducia negli esseri umani dell’altro sesso. Non pochi pensano che interrompere una storia che rende infelici sarebbe più facile se si trovasse prima un’altra persona di cui innamorarsi, cosicché quel distacco non sarebbe più un salto nel vuoto; purtroppo sovente una relazione di questo tipo non è ugualmente importante per entrambi e finisce per essere fallimentare quando uno dei due prende il coraggio a due mani e lascia il vecchio partner portandola così all’esame della realtà: occorre darsi il tempo di riflettere sull’avvenuta separazione, ristabilirsi per poter camminare sulle proprie gambe e non aver bisogno di appoggiarsi a un altro/a; solo così, dopo, si potrà costruire qualcosa di solido.
Nel caso di una relazione che dura da molti anni è difficile trovare una soluzione per porle fine in un modo soddisfacente per entrambi. Spesso il vantaggio di uno rappresenta un dramma per l’altro, inoltre, nel lungo periodo vissuto insieme i due hanno dato esistenza a un insieme fatto sia di cose materiali, come la casa e gli oggetti che rappresentano comuni ricordi, che di relazioni quali comuni amicizie, ecc.; una casa ad esempio non si può dividere in due, sicché chi se ne va perde una parte del proprio "mondo", mentre chi resta deve continuare a vivere in un luogo in cui tutto rimanda ai ricordi e alle esperienze di quando lì si viveva insieme; ma profondo è anche il rimaneggiamento dei rapporti con amici e parenti, giacché il cambiamento strutturale in una rete di rapporti stabili coinvolge anche tutte le persone che ruotano attorno a questi rapporti: ci sarà chi patteggia per l’uno e chi per l’altra, chi s’incontrerà solo più con l’uno e chi solo più con l’altra, ecc.; non di rado dopo la fine di una lunga relazione la percezione di mancanza di appoggio esterno può far aumentare il senso di solitudine e la paura del futuro: separarsi implica l’uscire da un universo relazionale e pure nei casi in cui si attribuisce all’altro/a la maggior responsabilità del fallimento della coppia, lo si vive comunque anche come un fallimento personale.
A qualunque età avvenga il distacco occorre elaborare per tutto il tempo necessario l’esperienza della distruzione della coppia e della separazione per arrivare a sviluppare un atteggiamento sereno e cessare di colpevolizzare l’altro o se stessi: siamo esseri umani, quindi imperfetti per natura e non si può ragionevolmente presumere d’essere indenni da errori. È dagli errori che possiamo imparare e divenire migliori; questa è la maturazione personale che permetterà di non focalizzarsi in modo esclusivo sull’altro e così non più considerarlo responsabile della propria felicità o infelicità, bensì di apprezzare quanto può donarci, convivendo con i suoi limiti e valutandolo/a in modo realistico.
Mai dimenticare che, anche quando si cambia il/la partner, il rapporto di coppia resta un continuo processo di crescita con obbligatoria disponibilità al contemporaneo cambiamento, ove ci si deve impegnare per rivedere in ogni momento le proprie aspettative con "i piedi ben poggiati per terra", pronti a ricominciare da capo quand’è bene: il Massimo Bene va conquistato con ogni forza fisica, mentale e spirituale, capaci di temperanza, speranza e fiducia.
Visti i tre (quattro considerato quando non ci si assume le responsabilità del matrimonio) diversi periodi della vita in cui la coppia può rompersi (è psichicamente forte chi tronca la relazione; è più forte chi pur essendo pronto a fare il necessario per risanare la coppia, PER AMORE accetta che l’altro/a se ne vada pur sapendo che . . .), occorre non dimenticare un ultimo caso: la morte del partner.
Quando la morte impone la sua decisione l’essere umano avverte la sua assoluta impotenza e ben evidenti si mostrano i suoi limiti; quand’anche fosse stata presente una grave crisi di coppia, spesso come sabbia che scivola via tra le dita diventano i sentimenti di rancore per l’ex, il desiderio di rivalsa per i torti che si ritiene d’aver subito, ecc.; non può più essere preso in seria considerazione un fallimento affettivo, magari la frattura avrebbe potuto essere ricomposta e la coppia sarebbe tornata in buona salute, ma un’Autorità al di sopra dei due ha emesso l’irrevocabile sentenza; se invece la coppia era salda inizialmente tutti i pensieri di chi è rimasto vanno a chi è "partito" (chi co-
Può non far piacere che venga messo in evidenza come il percorso di crescita in consapevolezza d’ognuno sia segnato da perdite e privazioni, in una società come quella odierna ove grazie a tutte le novità tecnologiche, che paiono fatte apposta per privare l’Umanità della dimensione dell’ascolto e dell’interiorizzazione, si fa di tutto per evitare che la gente si fermi a osservare, pensare, riflettere e far il punto della situazione, ma di fatto attraverso la rinuncia si può imparare a crescere: ciò che siamo, ciò che diventiamo è determinato dalle nostre esperienze di perdita e soprattutto dal modo in cui le viviamo, le metabolizziamo e dal fatto che ne restiamo schiacciati e vinti, o le superiamo da vincitori.
Cordiali saluti.
Robino Mariano
© Robino Mariano